Federico Allavelli
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Donna = lavoratore “svantaggiato” ?

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Parrebbe proprio di sì.

Partiamo dalla definizione.

Il “lavoratore svantaggiato” risulta “essere occupato in professioni o settori  caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25 % la disparità media uomo-donna (11,9%) in tutti i settori economici dello Stato membro interessato se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato” (articolo 2, punto 4, lett. f) del Regolamento UE n. 651/2014).

Bene.

Il Ministero del Lavoro ha individuato settori e professioni, caratterizzati dal predetto tasso di disparità uomo-donna (Decreto interministeriale n. 327/2022).

I risultati non sono certo confortati:

  • Industria/costruzioni: tasso di disparità pari all’82%
  • Industria estrattiva: tasso di disparità pari all’68,5%
  • Industria/acqua e gestione rifiuti: tasso di disparità pari al 64,7%

Tra le professioni, il Decreto individua ne individua ben 21 in cui il tasso di disparità tra uomo-donna è superiore al 25%.

Ai primi posti:

  • Ufficiali delle forze armate: tasso di disparità pari al 96,5%
  • Conduttori di veicoli, di macchinari mobili e di sollevamento: tasso di disparità pari al 95,7%
  • Sergenti, sovraintendenti e marescialli delle forze armate: tasso di disoccupazione pari al 95%

Queste rilevazioni, ci permettono di capire quali lavoratrici sono quindi “svantaggiate”.

Per il 2023 (e limitatamente al settore privato) i datori di lavoro che assumeranno tali lavoratrici “svantaggiate” potranno di conseguenza beneficiare degli incentivi all’assunzione.

Resto in ogni caso un dato che deve farci riflettere.

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