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Risoluzioni consensuali datore – lavoratore e NASpI: stretta sui requisiti di accesso

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La Legge 30 dicembre 2024 n. 207, che disciplina il Bilancio di previsione dello Stato per l’esercizio finanziario 2025 e il bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027, ha introdotto importanti novità in materia di NASpI, da tenere in considerazione nel momento della strutturazione di una risoluzione.

Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, delinea le nuove disposizioni riguardanti i requisiti di accesso e le modalità di fruizione della stessa entrate in vigore a partire dal 1° gennaio.

Quali sono i requisiti?

Per maturare il diritto alla NASpI è necessario:

  • Essere in stato di disoccupazione involontaria, ovvero aver subito un licenziamento o aver perso il lavoro per cause non imputabili al lavoratore
  • Aver maturato almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti la cessazione del rapporto di lavoro

Cosa cambia nel 2025?

Con la nuova Legge, viene introdotto un ulteriore vincolo.

Il requisito contributivo dei 13 mesi non si limiterà più ad essere calcolato sui 4 anni precedenti al licenziamento, ma terrà conto di eventuali dimissioni o risoluzioni consensuali avvenute nei 12 mesi precedenti.

Ciò significa che se il lavoratore ha volontariamente dato le dimissioni o concordato una risoluzione consensuale nei 12 mesi antecedenti la perdita involontaria del rapporto di lavoro, il periodo contributivo richiesto sarà calcolato a partire dal momento delle dimissioni o della risoluzione consensuale.

Per richiedere la NASpI in questo contesto, il lavoratore dovrà dimostrare di aver avuto un rapporto lavorativo di almeno 3 mesi successivi alle dimissioni o alla risoluzione consensuale.

In altre parole, i lavoratori che nei 12 mesi precedenti si siano volontariamente dimessi da un impiego a tempo indeterminato potranno accedere alla NASpI in caso di licenziamento dal nuovo posto di lavoro solo nel caso in cui abbiano accumulato almeno 13 settimane di contributi durante l’occupazione nel secondo impiego.

Pertanto, qualora il periodo di lavoro presso il nuovo datore non sia sufficientemente lungo da consentire il necessario accumulo di contributi, l’indennità non potrà essere corrisposta.

Il nuovo requisito è stato introdotto con l’obiettivo di prevenire il fenomeno in cui, a seguito di dimissioni, un lavoratore possa essere riassunto da un datore di lavoro compiacente, il quale, successivamente, proceda al licenziamento al fine di favorire la disoccupazione involontaria del lavoratore e consentirgli così di percepire la NASpI.

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