Niente più (forzato) licenziamento nel caso di prolungata assenza del dipendente.
Ora si può, giustamente, considerare dimissioni volontarie.
“In caso di assenza ingiustificata del lavoratore oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale applicato, il datore di lavoro deve informare l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), che può verificare la veridicità della comunicazione” (Legge 13 dicembre 2024 n. 203, all’articolo 19 introduce una modifica all’articolo 26 del D.lgs. 14 settembre 2015 n. 151. In particolare, con l’aggiunta del comma 7 bis).
Se l’assenza ingiustificata è superiore a 15 giorni, il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore, senza che si applichino le disposizioni previste dal sopracitato articolo 26, salvo che il lavoratore non dimostri l’impossibilità di comunicare la causa dell’assenza per forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro.
Tale novità si inserisce con l’intento di tutelare adeguatamente i datori di lavoro ed evitare che il lavoratore abbia la possibilità di ottenere un licenziamento tramite un’assenza prolungata.
Inoltre, tale misura colma un vuoto normativo che ha consentito in passato ai lavoratori di abusare del sistema dei licenziamenti disciplinari correlati all’abbandono del posto di lavoro al fine di fruire indebitamente la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI). In passato, infatti, era possibile per i lavoratori interrompere il rapporto di lavoro senza una comunicazione formale, per poi accedere alla prestazione sociale. Questo vuoto normativo ha posto i datori di lavoro in difficoltà, costringendoli a versare il c.d. ticket di licenziamento, un costo aggiuntivo pari al 41% del massimale mensile NASpI per ogni anno di attività lavorativa.
Oltre ad esporli al rischio di impugnativa.
La sicurezza giuridica nella risoluzione del rapporto di lavoro è fondamentale soprattutto quando il comportamento del lavoratore è in netto contrasto con l’obbligo di diligenza.
La ratio di tale norma è quindi ravvisabile nella volontà di porre fine a situazioni che di fatto non sono esplicitamente formalizzate mediante dichiarazioni scritte e appaiono chiaramente orientate verso la cessazione del rapporto di lavoro. La valutazione dell’autenticità delle dimissioni deve essere condotta tenendo conto dei principi di correttezza e buona fede, che caratterizzano l’intero rapporto contrattuale. Pertanto, il comportamento del lavoratore deve essere valutato in modo oggettivo per comprendere se vi siano elementi che dimostrano la sua volontà di cessare il contratto.
È fondamentale, inoltre, che non vi sia alcuna forma di pressione illegittima da parte del datore di lavoro che possa compromettere l’autenticità della decisione del lavoratore.
In seguito a detto periodo di assenza ingiustificata del lavoratore, il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare formalmente l’accaduto all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, utilizzando la posta elettronica certificata (PEC). L’Ispettorato ha il compito di verificare la veridicità della comunicazione, ma, nel caso in cui la verifica non venga effettuata tempestivamente, il datore di lavoro potrà considerare il rapporto di lavoro risolto per dimissioni del lavoratore, citando la norma di riferimento.
È importante che la comunicazione includa tutti i dettagli necessari come, ad esempio, i contatti telefonici o le e-mail in possesso del datore di lavoro per consentire all’Ispettorato di effettuare una valutazione corretta ed eventualmente poter contattare il lavoratore se necessario.
Lo Studio è a disposizione per ogni esigenza in tema.