Lo ricorda di recente il Tribunale di Ancona con la pronuncia del 1 marzo 2025.
Il Tribunale di Ancona, ritenendo il licenziamento ingiustificato e arbitrario, ha ordinato all’Azienda convenuta di reintegrare il lavoratore.
La decisione è stata presa in merito all’illegittimità di un licenziamento basato su assenze e sul rifiuto di accettare la revoca del lavoro agile da parte del datore di lavoro.
Il rapporto di lavoro oggetto, instaurato ai tempi del covid, prevedeva come la prestazione lavorativa si sarebbe svolta per 3 giorni a settimana in modalità di lavoro agile per i primi due anni (e successivamente per 4 giorni).
Il datore si impegnava a rispettare alcuni criteri fondamentali nella definizione del patto di lavoro agile mentre il dipendente avrebbe avuto la possibilità di utilizzare strumentazione elettronica di propria proprietà.
Infine, il patto di lavoro agile doveva essere considerato un accordo a tempo indeterminato, con il datore di lavoro che non avrebbe potuto esercitare il diritto di recesso.
Le disposizioni relative allo smart working sono ritenute dal Tribunale valide ed efficaci anche senza un formale “patto di lavoro agile”.
A seguito di un generale ritorno alle attività pre-Covid, l’azienda convenuta ha comunicato la revoca della modalità di lavoro agile, richiedendo il ritorno al lavoro tradizionale.
In questo contesto, come evidenziato nella sentenza del Tribunale di Ancona, la condotta del lavoratore, che consisteva nelle ripetute assenze dalla sede o nel rifiuto di accettare la comunicazione del datore di lavoro riguardante il “recesso dalla modalità di lavoro agile”, non poteva giustificare il licenziamento.
Nel corso dell’analisi, il Tribunale ha sottolineato che “il fatto che il “patto di lavoro agile” non sia mai stato formalizzato non preclude l’efficacia delle previsioni (incondizionate) già contenute nel Verbale; inoltre, il fatto che il rapporto di lavoro sia proseguito per oltre tre anni secondo le modalità stabilite conferma che l’oggetto del contratto era comunque sufficientemente determinato o determinabile”.
Inoltre, “non appare condivisibile l’interpretazione secondo cui l’art. 19 della L. 81/2017, che prevede e disciplina il “recesso” dalla “modalità di lavoro agile”, sarebbe una “norma imperativa” che esclude la possibilità di accordi più favorevoli per il lavoratore”. Il giudice ha anche ricordato che “il Verbale è chiaro e incondizionato nell’escludere il diritto di recesso e pertanto non è rilevante che tale esclusione fosse motivata dal ritorno alle “attività pre-Covid” (e dal conseguente venir meno di un “obbligo di legge” di concedere lo smart working)”.
Lo studio rimane a disposizione per ogni eventuale chiarimento.