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(il fu) Rito Fornero: l’applicazione delle nuove disposizioni ed i limiti procedurali

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V

Il rito cd. Fornero è stato (nuovamente) superato dalle disposizioni di cui al d.lgs. n. 149/2022, che ha ripristinato la precedente disciplina procedurale.

Dubbi interpretative e applicativi sono sorti nella fase transitoria.

Le disposizioni abrogative del Rito Fornero trovano applicazione esclusivamente ‘ai procedimenti’ instaurati a decorrere dal 28 febbraio 2023.

Ma con ‘procedimenti’ quale grado si intende?

Con la recente pronuncia n. 11344 del 30 aprile, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione si è espressa su tale delicato profilo interpretativo, concernente l’ambito di applicazione temporale delle disposizioni transitorie contenute nel predetto decreto legislativo, con specifico riferimento alla loro incidenza sul rito Fornero.

Il fatto che ha impegnato la Suprema Corte è il seguente:

a seguito del rigetto, da parte del Tribunale, del ricorso proposto per l’impugnazione di un licenziamento, il lavoratore aveva proposto appello in data 1° dicembre 2023, in luogo del reclamo previsto dalla normativa applicabile.

La Corte d’Appello ha ritenuto inapplicabile al caso di specie la nuova disciplina introdotta dal d.lgs. n. 149/2022, osservando come l’abrogazione del Rito Fornero potesse operare esclusivamente con riferimento ai procedimenti instaurati successivamente al 28 febbraio 2023.

Conseguentemente, il giudizio in esame, promosso anteriormente a tale data, doveva ritenersi soggetto alla disciplina previgente, con applicazione del termine perentorio di trenta giorni per la proposizione del reclamo, ai sensi dell’art. 1, comma 58, della l. n. 92/2012.

Ne è derivata, pertanto, la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, in quanto proposta tardivamente.

Avverso tale decisione veniva proposto ricorso per Cassazione, con cui si deduceva la violazione degli artt. 35 e 37 del d.lgs. n. 149/2022.

Il ricorrente sosteneva che, a seguito dell’abrogazione del Rito Fornero, non fosse più possibile proporre reclamo, ritenendo che l’art. 35, comma 4, del citato decreto legislativo imponesse l’applicazione delle nuove regole anche alle impugnazioni depositate successivamente al 28 febbraio 2023, a prescindere dalla data di instaurazione del giudizio di primo grado.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, evidenziando come l’art. 35, comma 1, del d.lgs. n. 149/2022, in ossequio al principio della perpetuatio iurisdictionis, sancisca l’applicabilità delle disposizioni previgenti ai procedimenti già pendenti alla data del 28 febbraio 2023, includendo, tra queste, anche le modalità di impugnazione.

La previsione di cui al comma 4 del medesimo articolo, che estende l’applicazione delle nuove disposizioni alle impugnazioni proposte successivamente a tale data, deve intendersi riferita esclusivamente ai procedimenti instaurati con rito ordinario civile o con il rito del lavoro ex artt. 434 ss. c.p.c., restando escluso il reclamo tipico del rito Fornero, al quale, peraltro, non viene fatto espresso riferimento.

Tale principio assicura la coerenza e l’unitarietà del procedimento, garantendo che l’intero iter processuale sia disciplinato dalla normativa vigente al momento della sua instaurazione. Detta interpretazione si pone in linea con il consolidato principio del tempus regit actum, secondo cui le norme processuali trovano applicazione in base alla loro vigenza temporale, contribuendo a prevenire conflitti normativi e disomogeneità applicative tra procedimenti analoghi avviati in momenti differenti.

La Cassazione ha, quindi, confermato la correttezza dell’interpretazione della Corte territoriale, decidendo di compensare le spese processuali, stante la novità della questione trattata e l’assenza di precedenti giurisprudenziali.

Lo Studio rimane a disposizione per ogni eventuale chiarimento

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