Considerata come un ritorno al passato, la reintroduzione della rilevanza penale in materia di somministrazione fraudolenta e del dumping contrattuale è una risposta forte e decisa da parte del legislatore a tutela dei diritti dei lavoratori e della trasparenza nelle relazioni contrattuali.
Attraverso il recente decreto PNRR 4 (D.L. n. 19/2024, convertito nella legge n. 56/2024) si insiste sul contrasto di pratiche scorrette da parte di aziende vincitrici di appalti pubblici.
Tale provvedimento si inserisce in un quadro normativo che mira a rafforzare la tutela dei lavoratori e a colpire duramente le pratiche elusive messe in atto dalle aziende vincitrici in risposta a reiterati fenomeni di abuso nell’utilizzo di appalti non genuini, con l’intento di dissimulare una somministrazione di lavoro senza le tutele previste dalla legge.
Somministrazione fraudolenta, una definizione e le implicazioni giuridiche
Questo fenomeno si configura nei casi in cui, come definito dal D.lgs. 81/2015 (Jobs Act): ‘la somministrazione di lavoro è attuata con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore’.
Nell’appalto, la cui normativa prevede che l’appaltatore operi con autonomia organizzativa, utilizzando risorse proprie e assumendosi il rischio d’impresa, per celare un rapporto di lavoro che di fatto viene esercitato sotto il controllo del committente, il quale si sottrae così alle proprie responsabilità giuridiche e contrattuali.
La realtà non sarà più quindi quella di un appalto ma di una somministrazione di lavoro illecita.
Rimane tuttavia possibile la somministrazione di manodopera quando effettuata da agenzie del lavoro autorizzate, rispettando così i requisiti contrattuali.
L’apparato sanzionatorio previsto dal decreto PNNR 4 si articola con l’applicazione di una pena detentiva fino a un mese o di un’ammenda di 60 euro per ciascun lavoratore occupato in maniera irregolare, per ogni giornata di lavoro.
Rientra nello stesso campo sanzionatorio il caso di distacco del personale senza un ravvisabile interesse effettivo da parte del distaccante. È inoltre prevista un’aggravante nel caso di dolo specifico: ossia con l’intento deliberato di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicabili ai lavoratori.
Il dumping contrattuale e le misure di contrasto:
Tale fenomeno si verifica ogni qualvolta un appaltatore o subappaltatore applicano contratti collettivi con minimi salariali più bassi rispetto agli standard di settore, senza garantire il trattamento economico minimo garantito al lavoratore e previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale.
Una vera e propria contrattazione ‘pirata’, che genera fenomeni dannosi di concorrenza sleale tra le imprese, a danno degli imprenditori che giustamente, ricercano e favoriscono lo sviluppo delle migliori professionalità. L’intervento del legislatore, obbligando il rispetto dei livelli minimi contrattuali, mira a tutelare il diritto dei lavoratori a condizioni contrattuali eque e a prevenire fenomeni di sfruttamento.
La normativa pone particolare attenzione al rispetto delle condizioni economiche, obbligando le imprese appaltatrici in modo da impedire l’elusione delle tutele attraverso la scelta di contratti collettivi meno favorevoli per il lavoratore.
In particolare, garantire una scrupolosa verifica della conformità dei contratti e delle modalità operative dei propri appaltatori, per evitare di incorrere in sanzioni penali e di compromettere la legittimità dei rapporti di lavoro instaurati, considerando di maggior rischio gli appalti endoaziendali.