La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibili i referendum popolari chiesti in tema di
- licenziamento illegittimo piccola imprese (misura massima indennizzo) e
- contratti a termine
Il quesito del referendum popolare per l’abrogazione dell’articolo 8 della legge n.604 del 1966 riguarda le parole che stabiliscono una misura massima (pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto) per la liquidazione dell’indennità da licenziamento illegittimo.
La motivazione della Corte, nella sentenza n.13/2025 è stata che, la norma oggetto del quesito referendario, trova oggi applicazione, a seguito delle modifiche intervenute nella legislazione in materia, nei confronti dei soli lavoratori assunti alle dipendenze delle cosiddette “piccole imprese” (ossia, presso datori di lavoro che non raggiungono la soglia dimensionale dei 15 dipendenti indicata dall’articolo 18, ottavo comma, dello Statuto dei lavoratori) prima del 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del decreto legislativo numero 23 del 2015, attuativo della legge sul Jobs act.
A giudizio della Corte, il quesito in esame non incontra i limiti di cui all’articolo 75 della Costituzione e risponde ai requisiti di chiarezza, univocità e omogeneità, imprescindibili per attuare il quesito.
Pongono una chiara alternativa all’elettore:
- mantenere l’attuale misura massima dell’indennità, oppure
- rimuoverla per consentire al giudice di quantificare, un ristoro equo con congruo effetto deterrente.
La stessa Corte, con sentenza numero 14/2025, ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum abrogativo denominata “Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi”.
Il quesito referendario riguarda l’abrogazione di alcune previsioni (articoli 19, commi 1, 1-bis e 4, e 21, comma 01, del decreto legislativo numero 81 del 2015).
Il referendum, infatti, è formulato nei termini di un’alternativa secca:
- da un lato, abrogare le disposizioni vigenti, con conseguente estensione ai rapporti di lavoro di durata infrannuale dell’obbligo di giustificazione dell’apposizione del termine oggi sussistente per la stipulazione di contratti di lavoro di durata superiore all’anno e il necessario riferimento, per tutti i contratti a termine, alle sole cause giustificative previste dalla legge o dai contratti collettivi;
- dall’altro, conservare la normativa vigente, che, all’opposto, ne liberalizza l’impiego.
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