Federico Allavelli
datori di lavoro
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Licenziamenti

Licenziamenti economici: reintegra ‘obbligatoria’ se il fatto è manifestamente insussistente

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V

La norma cassata

Nel contesto dell’art. 18, settimo comma, dello statuto dei lavoratori, al perentorio «applica» del primo periodo faceva riscontro il «può applicare» del secondo periodo e sottende, secondo il significato proprio delle parole, una facoltà discrezionale del giudice.

La tutela reintegratoria attenuata, pertanto, era subordinata alla valutazione discrezionale del Giudice rispetto alla “non eccessiva onerosità del rimedio” (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 31 gennaio 2019, n. 2930).

 

La sentenza

Con la Sentenza n. 59 depositata ieri la Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, settimo comma, secondo periodo, dello Statuto dei Lavoratori nella parte in cui prevede che il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, «può applicare» invece che «applica» la tutela reintegratoria attenuata (quarto comma del medesimo art. 18).

 

La motivazione

La disposizione censurata, nel sancire una facoltà discrezionale di concedere o negare la reintegrazione, contrastava con l’art. 3 Cost.

Il carattere meramente facoltativo della reintegrazione rivelava una disarmonia interna al peculiare sistema delineato dalla legge violava il principio di eguaglianza.

In particolare, il principio di eguaglianza risulta violato se la reintegrazione, in caso di licenziamenti economici, è prevista come facoltativa – mentre è obbligatoria nei licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo – quando il fatto che li ha determinati è manifestamente insussistente.

Corte Costituzionale

Non si giustifica un diverso trattamento riservato ai licenziamenti economici (e ciò nonostante la più incisiva connotazione della inesistenza del fatto, indicata dal legislatore come ‘‘manifesta’’).

 

La tutela reintegratoria ‘attenuata’

La tutela reintegratoria attenuata contempla la reintegrazione nel posto di lavoro, al pari della tutela reintegratoria piena, ma limita a dodici mensilità l’ammontare dell’indennità risarcitoria che il datore di lavoro è obbligato a corrispondere dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione.

Da tale importo, peraltro, deve essere detratto non solo quel che il lavoratore abbia guadagnato in virtù di altre occupazioni (l’aliunde perceptum), ma anche quel che avrebbe potuto guadagnare adoperandosi con l’ordinaria diligenza nella ricerca di un’altra attività lavorativa (l’aliunde percipiendum).

Anche in questo caso il lavoratore ha la facoltà – in concreto esercitata nel giudizio principale – di optare per l’indennità sostitutiva della reintegrazione.

Tale tutela si applica ai licenziamenti disciplinari, per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, allorché il giudice riscontri l’insussistenza del fatto contestato o la riconducibilità del fatto alle condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi o dei codici disciplinari.

 

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